Correva l’anno 1996 ed io (pur vantando nel mio curriculum un decennio da bartender) sino a quel momento non avevo ancora bevuto vino. Avevo bevuto fiumi di birra, come tutti i ragazzi della mia età del resto, e, raramente, si beveva vino, magari durante le cene, fra amici, in trattoria. In quelle occasioni si beveva molto, ma senza fare attenzione a cosa fosse; non era importante. Importante era berne molto.
La conoscenza vinicola legata al mio lavoro era molto semplice: calice di vino rosso, calice di bianco, spumantino oppure pinot nero (al bar dove lavoravo si serviva Pinot Nero vinificato in bianco della casa vinicola Giorgi). E qui finiva la mia conoscenza in materia di vino.
Avevo da poco conosciuto una ragazza a cui piaceva molto il vino, ne era affascinata; ed io, per darmi importanza, dissi che anch’io ero affascinato da questo mondo, millantando una conoscenza non in mio possesso. Corsi subito ha prendere un libro e cominciai a leggere. Un corso intensivo di due ore; non avevo capito niente ma ero già un esperto, un sacco di termini tecnici che fanno sempre chic e via, siamo pronti. E devo dire che la cosa per un po’ ha funzionato… nel paese dei cechi!
Un giorno, passando da Casnigo, un piccolo paese in provincia di Bergamo dove sono nato, ma in realtà non ho mai vissuto, vedo una insegna con scritto enoteca. Non ero mai entrato in una enoteca, ero, peraltro, entrato molte volte in una fiaschetteria, cosi decisi di provare ad entrare.
Era un negozio bellissimo, bottiglie di vino ovunque, e tutte con etichette diverse. Casse di vino in ogni angolo. All’ingresso su di una lavagnetta, una scritta col gesso recitava: “Anche Caino era astemio!” e su un’altra: “Tignanello ultime due bottiglie, Sassicaia esaurito, Ornellaia esaurito. Enotecario esaurito!”. E un’altra ancora: “Parlate piano che il mio vino sta riposando”
Mi sentii subito a casa. Non solo il negozio era bellissimo ma il proprietario doveva essere per forza molto simpatico. Non tardai molto ad incontrarlo, ancora due passi… ed eccolo. Un uomo di circa quarant’anni che esordì parlando in “casnighese”.
Mi chiese se poteva aiutarmi. Che bello, io il casnighese lo sentivo parlare solo da mia madre, e da mio padre che, purtroppo, era morto da una decina di anni. E allora risposi subito anch’io in dialetto. Mi sentivo doppiamente a casa.
Cosi iniziammo a parlare di vino ed io cominciai a spararle grosse. Chiesi un vino fruttato, molto fruttato, come lessi tempo prima sul libro del mio corso intensivo, insistevo, senza ovviamente sapere di cosa stessi parlando; sul vino, sui pregi, sui difetti e su tutta una serie di nozioni a me completamente sconosciute.
A quel punto Dario, l’enotecario, sempre parlando in casnighese mi disse “Ho capito il vino che cerchi tu… ce l’ho di là nell’ altra stanza. Vieni che te lo mostro”. Lo seguii, entrammo nel suo ufficio. Non c’era nessuna bottiglia di vino! Aprì un armadietto e tolse due vasi enormi di marmellata Santa Rosa e mi disse: “Soltanto qui dentro puoi trovare tutti i profumi che stai cercando! E se vuoi continuare ha parlare di marmellata stiamo qui, oppure torniamo di là e cominciamo a parlare di vino”.
Cominciammo a ridere come due bambini. Ci volle molto tempo prima di poter ricominciare a parlare di vino. Non conoscevo quell’uomo ma già lo adoravo. Aveva una caratteristica eccezionale: era semplicemente più matto di me.
Feci il mio primo acquisto in enoteca (che magari vi racconterò un’altra volta) e Dario mi salutò esattamente con queste parole: “Ricordati, per parlare di vino devi averlo bevuto. Non letto sui libri”.
Dario da quasi vent’anni mi vende vino. Non sono mai riuscito a vederlo come venditore, per me è un amico, spesso un fratello maggiore, insomma un grande maestro. Se vi capita di passare per il centro di Casnigo e vedete una insegna con scritto enoteca, fermatevi ed entrate. Chiedete di Dario.